Ungheria, le acque di Seghedino
di Gianluca Ricci
Non sempre ciò che fa la natura è gradito all’uomo. E non si tratta solo di cataclismi estemporanei, quelli che provocano danni e vittime per la violenza con la quale si scagliano contro tutto ciò che si trova sulla superficie terrestre; ma anche di fenomeni naturali considerati poco funzionali alle attività umane e per questo oggetto di radicali interventi di modifica.
Interventi che alle volte stravolgono il paesaggio e cambiano le modalità di evoluzione di un territorio o che, altre volte, perfezionano le sue caratteristiche peculiari e le trasformano in vantaggi fruibili da tutti.
È il caso del lago salato di Feher a Szeged, fenomeno naturale dell’Ungheria meridionale, in piena puzsta, ad una manciata di chilometri dal confine con Serbia e Romania, conosciuto anche come “lago bianco”.
Un tempo era il più grande lago salino del Paese: le sue acque biancheggiavano quando la quantità di sali calcarei aumentava per particolari combinazioni meteo-ambientali e una grandissima massa di fanghi carbonati si accumulava sui suoi bassissimi fondali.
Negli anni Trenta del secolo scorso però si diede il via ad una complessa operazione di bonifica del luogo con l’obiettivo di creare un bacino d’acqua in cui dare il via alla riproduzione di alcune specie ittiche: si creò così un articolato sistema di stagni fra loro comunicanti parte dei quali venne destinata allo scopo per cui erano nati.
Ci si accorse però che così facendo si era venuto a creare un ecosistema che in breve tempo portò sulle loro rive una quantità elevatissima di specie avifaunistiche, uccelli migratori di ogni tipo che avevano trovato nelle ex acque salmastre di quello specchio d’acqua l’habitat più adatto per vivere in pace e per riprodursi.
Oggi gli stagni di Feher sono diventati uno degli ambienti umidi più rinomati e importanti dell’intera Ungheria e hanno procurato un viavai turistico molto più significativo dell’allevamento dei pesci d’acqua dolce.
Molti appassionati di birdwatching infatti considerano quello una sorta di santuario per ammirare specie di uccelli altrove non visibili e si danno appuntamento sulle rive del “lago” per assistere ad uno spettacolo che in Ungheria almeno non ha pari.
Il centro di Szeged si è poi reso più accogliente, in modo da rendere la permanenza dei tanti curiosi la più gradevole possibile. Il denominatore comune è rimasto quello dell’acqua: chi va nella città che curiosamente in italiano ha una traduzione autonoma, ovvero Seghedino, non può esimersi dal frequentare le sue rinomate terme.
Come noto, l’Ungheria galleggia su un territorio percorso da vene d’acqua termale che, opportunamente incanalate in superficie, donano a chi ha la possibilità di sfruttarle straordinarie opportunità di benessere. E poi ci sono i bagni termali Szent Erzsébet a Morahalom, paesino a due passi dal capoluogo, moderna sintesi fra le esigenze di cura del corpo e piacere del divertimento.
Con l’acqua Szeged ha sempre dovuto fare i conti, nel bene e purtroppo nel male, come nel 1879, quando una piena del Tibisco spazzò via il 95% delle abitazioni. Oggi si è investito molto in questo settore, rendendolo, da spauracchio che era, il vero volano dell’economia di quei luoghi.