Svizzera: isola di Ogoz, un miracolo di bellezza
Di Gianluca Ricci
Quando il bisogno stringe, l’uomo dà fondo a tutte le sue risorse e se c’è da sfidare la natura e la sua ieratica e misteriosa indifferenza non se lo fa ripetere due volte.
Da quando la nostra civiltà si è resa sempre più dipendente dall’energia elettrica, gli sforzi di ogni comunità si sono concentrati sulle fonti di reperimento di tale risorsa, diventata con gli anni di vitale importanza. Quelle rinnovabili si sono dimostrate da subito le più appetite, non fosse altro che riescono a garantire una fruizione pressoché infinita a costi che, spalmati sui tempi di sfruttamento, diventano più che concorrenziali.
La più efficace da questo punto di vista si è rivelata l’acqua: il suo moto di scorrimento, la sua canalizzazione e lo sfruttamento dell’energia prodotta dal passaggio forzato in condotte attraverso apposite turbine sono diventate ricchezze ormai irrinunciabili per chi ha la fortuna di possedere tale risorsa.
E chi non la possiede, o ne usufruisce senza poter contare su masse significative necessarie per la produzione dell’elettricità, si ingegna per fare in modo di approvvigionarsene. Dighe di sbarramento dei corsi d’acqua sono sorte capillarmente un po’ dappertutto, in modo da conservare per sempre l’acqua da canalizzare e trasformare in flussi energetici vitali.
Ecco dove l’ingegno umano ha sopraffatto la casuale distribuzione operata da Madre Natura, stravolgendo paesaggi e trasformando in laghi assolate campagne o amene vallate. Spesso queste trasformazioni non sono state a costo zero per gli stessi abitanti delle zone interessate, visto che l’accumulo d’acqua ha finito per sottrarre territorio altrimenti sfruttabile, o addirittura già sfruttato.
È il caso del lago di Gruyere, in Svizzera, nato nel 1947 tra Berna e Losanna quando la locale società energetica decise che bloccare il corso della Saane avrebbe permesso di ricavare elettricità a bizzeffe. Si costruì la diga, le acque si alzarono sempre più arrivando a sommergere una cittadina del XIII secolo, inghiottita poi dai flutti, e a minacciare i resti del castello che si trovava sul punto più elevato di quel territorio.
Il livello si stabilizzò e oggi quella che è comunemente nota come isola di Ogoz è diventata una delle attrazioni turistiche più apprezzate dell’area. Isola non era, ma lo è diventata e il suo castello sembra edificato apposta in quel luogo per poter godere di maggiore protezione e di una collocazione di straordinario effetto paesaggistico.
Non è un caso infatti che sempre più coppie abbiano espresso il desiderio di sposarsi proprio lì e che la comunità locale si sia organizzata per soddisfare tali richieste.
L’isola gode della particolarità di essere raggiungibile a piedi solo quando il livello dell’acqua si abbassa per motivi naturali o industriali. Altrimenti le due possenti torri e la cappella usata per le celebrazioni dei matrimoni possono essere visitate a bordo delle imbarcazioni turistiche che nella bella stagione svolgono quotidianamente questo servizio sulle acque del lago.
Molti commentatori ritengono che si tratti della più bella isola della Svizzera ed in effetti il colpo d’occhio, quando si arriva sulle rive del Gruyere, è di quelli che mozzano il fiato.
Nello scontro fra uomo e natura stavolta qualcosa di bello è venuto fuori.