Botswana: non si vive di solo Safari. Ecco la salina piú grande del mondo
di Gianluca Ricci
È sempre molto faticoso estirpare gli stereotipi con cui chi ignora i termini delle questioni o non possiede un sufficiente patrimonio di esperienza decide di convivere fino a prova contraria.
Là dove la realtà vera non suffraga l’acquisizione di convinzioni adeguate al contesto, ci pensa la fantasia, condita di quel po’ di informazioni che si possono pescare qua e là, a sostituire la ragione. E non sempre si tratta di operazioni valide, soprattutto quando poi il confronto con l’esistente arriva a demolire le ardite costruzioni della mente.
Accade per tutti gli ambiti del vissuto di ogni individuo, ma un po’ di più intorno alla percezione che si acquisisce del mondo circostante: non potendolo conoscere personalmente palmo a palmo, per determinati territori, fisici o mentali che siano, ci si affida alle informazioni di seconda o terza mano. Che il più delle volte, a contatto con il vero, crollano miseramente su sé stesse.
Accade soprattutto quando si viaggia: le mete vengono individuate in base a sensazioni o all’acquisizione di specifiche conoscenze indirette, ma poi, una volta giunti in loco, i programmi risentono spesso di cambiamenti dell’ultima ora. Chi è stato in Botswana, per esempio, ne ha avuto quasi sicuramente esperienza diretta: ci si fa attirare dalla fama sugli straordinari safari che è possibile organizzare nelle grandi riserve naturalistiche del Paese, ma ci si sbalordisce se la realtà non corrisponde in tutto e per tutto all’idea di sconfinata savana che ci si era fatti prima di partire.
In Botswana, tanto per dire, esiste un territorio vasto più del Portogallo dominato da una sorta di enorme e bizzarro deserto: nessuno ha certificato il dato, ma pare si tratti della più grande salina del mondo.
Incredibile, in un Paese completamente privo di sbocchi al mare. Eppure è così: si chiama Makgadikgadi e costituisce parte del bacino del Kalahari. Dodicimila chilometri quadrati che per buona parte dell’anno rimangono totalmente desolati, dunque privi d’acqua, dunque assolutamente disabitati.
Gli animali ci arrivano solo quando un buon periodo delle piogge restituisce a quell’area il suo habitat originale e lo trasforma in una sorta di gigantesco acquitrino, in cui spiccano alcuni laghi, le cui acque si caratterizzano per la loro salinità, elemento che non impedisce alle bestie di abbeverarsi e agli uccelli migratori di fare tappa da quelle parti.
Non c’è da stupirsi: geologi di fama mondiale hanno scoperto che si tratta degli ultimi resti di quello che centinaia di migliaia di anni fa era il più grande lago interno dell’intero continente africano.
Fare un giretto in quella zona significa in parte viaggiare a ritroso nel tempo e, comunque, ammirare uno dei panorami più esclusivi e incontaminati del pianeta. Dune di sabbia, isole rocciose, tratti desertici separano fra loro centinaia e centinaia di piccoli e grandi specchi d’acqua, la cui conformazione varia di stagione in stagione a seconda della violenza delle precipitazioni.
Inutile cercare alberi da quelle parti: a dominare dal punto di vista vegetale è la prateria, che si forma sui bordi dei laghi a dispetto della forte salinità. Gli unici alberi, vecchissimi ed enormi baobab, sono diventati attrazione turistica e monumento nazionale.
Per dire che in condizioni di difficoltà anche la normalità indossa i costumi dell’eccezionalità.