L’isola di Isola, Nomen est Omen
di Gianluca Ricci
Nomen est omen, dicevano i latini: un nome porta con sé il suo destino. Un’affermazione che solitamente trova le sue conferme solo a fronte di dati di fatto già consolidati.
E invece a Isola, ampia fascia di territorio istriano fra Capodistria e Portorose, hanno provato a ragionare diversamente, ovvero a far coincidere il nome col suo destino partendo dal primo e facendo carte false per rendere il secondo compatibile col primo.
Pur non essendo un’isola, Isola sta provando a fare in modo di averne una: si tratterebbe di un’isola artificiale, che verrebbe realizzata approfittando dei bassi fondali antistanti quella fascia di mare e utilizzando la terra di risulta proveniente dagli scavi relativi al raddoppio ferroviario della tratta Capodistria-Divaccia.
Un po’ sul modello Dubai, per intendersi: anche da quelle parti hanno effettuato un’operazione simile, creando dal nulla nel mare una grandissima isola diventata negli anni una delle attrazioni turistiche più gettonate da quanti si recano in visita nel Paese arabo.
Lo stesso pensiero lo hanno avuto i governatori sloveni, che hanno pensato di unire l’utile al dilettevole: ovvero disfarsi del materiale scavato sulla terraferma che altrimenti avrebbe creato non pochi problemi nel suo smaltimento e realizzare ex novo un ulteriore valido motivo per dare un’occhiata a quel lembo di territorio.
Il progetto è pronto, si tratta ora di iniziare a riversare in mare, si spera previo adeguato controllo anti inquinamento, la terra e attendere il suo affioramento per poterla stabilizzare. Dopodiché si tratterà di costruirci tutto ciò che a un turista può dare soddisfazione, dunque spiagge, bar, stabilimenti balneari, percorsi ciclopedonali, addirittura un orto botanico, ma nessun nuovo albergo: quelli sono già presenti in grande quantità sulla costa, che sarà distante un’ottantina di metri e collegata all’isola attraverso un adeguato collegamento probabilmente chiuso alle automobili.
D’altronde non si parla di una superficie pari a quella di simili paradisi artificiali del Paesi del Golfo: l’isola sarà grande 40mila metri quadrati, all’incirca sei campi da calcio, dunque nulla di mastodontico o di elefantiaco, anche se per realizzarla serviranno 500mila metri cubi di materiale che dovrà essere scavato e poi trasportato fin là.
Un’operazione decisamente ambiziosa, che però renderà la Slovenia l’unico Paese europeo ad essersi dotato di un’isola artificiale specificatamente destinata al turismo.
Il progetto, inoltre, ha trovato grande interesse e apprezzamento anche da parte dei cittadini di Isola, visto che la presenza dell’isola (quella con la i minuscola) servirà a mitigare considerevolmente gli effetti nefasti della bora, che quando soffia da quelle parti, lo fa con particolare violenza.
Utile e dilettevole, si diceva: un vantaggio a livello turistico ed uno a livello climatico con una sola iniziativa.
La speranza è che però non si trasformi in un modello da imitare, visto che i fondali dell’alto Adriatico sono particolarmente bassi un po’ ovunque e che, per questo, potrebbero prestarsi ad operazioni simili dalla Slovenia all’Italia.
Se attrazione dev’essere, lo sia anche per la sua unicità, senza inutili gelosie o invidie da parte delle comunità circostanti. Anche perché, finché resta unica, mantiene il suo valore; se si moltiplica, lo disperde inutilmente.