India: le grotte di Ellora, una straordinaria lezione di civiltá
Di Gianluca Ricci
Quando ci sono di mezzo gli dei, c’è poco da scherzare. Di fronte alla prospettiva dell’eterna sublimazione della carne in spirito o chissà cos’altro, non c’è civiltà che abbia risparmiato sulle energie da destinare a questo specifico obiettivo.
Di tutti gli edifici che ogni comunità ha pianificato di costruire per rispondere ai propri bisogni, quello destinato ad ospitare le divinità o chiunque vantasse di poter far da tramite con esse si è sempre distinto come il più bello, il più grande, il più particolare di tutti, nonostante avesse esclusive funzioni metafisiche. Tutti gli elementi architettonici, ovviamente di grandissimo pregio, non dovevano rispondere a nient’altro se non alla forza della fede, capace più di ogni altra cosa di modificare la percezione dell’uomo verso la natura circostante.
La fede in forze superiori ha finito per moltiplicare le forze inferiori e l’uomo, per avvicinarsi ai suoi dei, si è fatto dio egli stesso, in una sorta di manifestazione di potenza ai limiti della sfida. Come altro possono essere considerate le straordinarie cattedrali che per secoli sono state innalzate in ogni punto d’Europa, sempre più belle, sempre più grandi indipendentemente dalle necessità legate al loro utilizzo?
E come altro può essere valutato il complesso religioso conosciuto col nome di “tempio di Kailasa”, edificato a partire dall’VIII secolo d.C. in Maharashtra, stato dell’India centro-occidentale, il terzo per estensione e il secondo per popolazione?
A ben pensarci si tratta di una follia ingegneristica, che ha messo a dura prova le abilità e la resistenza di centinaia di operai: ma proprio per questo deve essere considerata una vera e propria meraviglia architettonica. È uno dei più grandi templi indù del Paese, voluto dalla megalomania del re Rashtrakuta Krishna I, ed è una costruzione pressoché unica al mondo poiché, nonostante i lavori necessari per la sua realizzazione, è rimasto un enorme monolito: in pratica la struttura religiosa è stata scavata nella roccia partendo dalla sua parte superiore intagliando la pietra colpo dopo colpo e formando colonne e pareti con l’asportazione di migliaia di tonnellate di materiale di riporto.
Gli esperti che hanno analizzato il superbo risultato hanno calcolato che è stato necessario scavare 400mila tonnellate di roccia per arrivare in fondo. Un esemplare di architettura rupestre davvero straordinario, costituito da un cortile ad U contornato da un porticato a colonne alto tre piani e decorato da pannelli scolpiti e da nicchie che ospitano sculture enormi delle principali divinità del pantheon locale. All’interno il tempio vero e proprio, una struttura piramidale tra le più alte dell’India: è lì che si trovano decine e decine di sculture di ogni tipo a cui si rivolgono i fedeli durante le cerimonie religiose.
Per dare un’idea dell’ampiezza del luogo, si tratta di uno solo dei 34 templi che compongono l’intero complesso noto come “grotte di Ellora”, esteso per più di due chilometri nel basalto di un’enorme monte nei pressi della città di Aurangabad.
Le prime tredici, tra cui spicca la numero dieci, quella in cui le travi scolpite nella pietra sembrano realizzate di legno, appartengono al culto buddhista; le successive sedici celebrano i culti brahmana e induista mentre le ultime sono riservate alle pratiche gianiste. Un’area sacra destinata alla religione, indipendentemente dalla sua identità e da quella dei suoi fedeli.
Una straordinaria lezione di civiltà, ma anche di architettura.